Personaggi
Umberto Biggi
di Claudio Ferrari
È nato a Chievo di Verona il 9 agosto del 1946; Umberto Biggi vede la luce di buon mattino alle 7, Leone ascendente Leone. Conosciuto da tutti semplicemente come Biggi.
Entusiasta, forte, pieno di talento, amante del piacere, un vero e proprio re della giungla. Spesso riveste ruoli di comando perché la leadership gli viene naturale, è organizzato e idealista. A governarlo è il Sole, intorno a cui ruotano i pianeti e quindi centro dell’universo, esattamente come si sente un Leone. Nonostante la propensione al comando Umberto è molto generoso, leale e sa portare avanti ciò in cui crede con determinazione e una vena di romanticismo.
L’ascendente Leone gli conferisce una energia particolare ed un magnetismo al quale è difficile resistere.
Il suo desiderio principale comunque, è quello di mantenere le persone vicine, ragazzi compresi, al sicuro, lontano da qualsiasi tipo di problema, anche lui si sente ancora un ragazzo.
Ne ha tante da raccontare Umberto mentre lo intervistiamo nello spogliatoio della “Noi la Sorgente” ai campi sportivi di Golosine, una vita dedicata ai ragazzi, da quasi 50 anni insegna a giocare al calcio ma soprattutto a vivere la vita nella maniera giusta.
« … accogliamo tutti – ci dice . anche coloro che non hanno mai giocato a calcio, purtroppo i tempi sono cambiati ed i ragazzi arrivano tardi al mondo dello sport, questo rende il compito più difficile, cerco di gestire con pazienza, sebbene i ragazzi si impegnino i risultati sportivi sono modesti, ma poco importa, noi cerchiamo altri risultati. Nel mio piccolo insegno a comportarsi bene in campo sperando che questo possa servire nella vita. Ora alleno la squadra degli esordienti.»
Umberto e la sua storia: « ho iniziato da piccolissimo e le prime soddisfazioni le ho avute nel 1957 quando i dirigenti dell’Azzurra hanno dato 1.000 lire a mia mamma perchè andassi con loro, per la famiglia erano oro quelle 1.000 lire. Per aiutare la famiglia, dopo la scuola, facevo il garzone in un negozio di alimentari di Corso Milano. Si giocava nel campo sportivo vicino al Tribunale, la prima volta che ci sono stato mi hanno portato dentro una stanza dove c’era una montagna di scarpe da calcio e mi dissero scegli quella che vuoi, non avevo mai visto prima le vere scarpe da calcio.»
Umberto si commuove raccontando questa storia, sta rivivendo ricordi che quasi stava dimenticando. A 14 anni era già in fabbrica come operaio, il calcio lo aiuterà a destreggiarsi nel mondo del lavoro, nel 1969 vince un concorso e diventa ferroviere, subito trasferito di qua e di la, riesce a sposarsi giovanissimo grazie ad una vincita con un 12 al totocalcio che gli permetterà di pagare il pranzo di nozze. Il calcio non lo abbandona e una volta trasferito a Vipiteno viene richiesto nella squadra dei ferrovieri dell’Alto Adige. Si giocava a Colle Isarco, grazie a questa squadra ha potuto girare per tutta Italia ed anche all’estero, prendendo anche qualche soldino, che allora non era male, erano anni duri per tutti. « Al calcio devo molto, dice Umberto, ho conosciuto tante persone generose che mi hanno sempre stimato ed aiutato. Un giorno andiamo a Bolzano e durante una partita mi rompo il menisco, fine del calcio, appendo le scarpe al chiodo a 30 anni; intervenire sul menisco in quei anni era problematico.»
Quando torna a Verona, inizia ad allenare i ragazzi dell’oratorio di San Giovanni Evangelista, i dirigenti del S.Lucia l’hanno voluto subito con loro, era il 1995, dove condivide grandi soddisfazioni con persone straordinarie. « Sono poi tornato a San Giovanni Evangelista come co-fondatore dell’attuale Società, il primo anno avevamo 49 iscritti, il secondo 90, siamo riusciti ad ottenere qualche buon risultato sportivo. Attualmente sono presenti quasi tutte le categorie, dalla terza categoria fino ai piccoli amici, circa 130 atleti e una trentina di volontari.»
Cosa lo spinge a seguire ancora i ragazzi? veder crescere i ragazzi, anche quelli che non sanno proprio giocare, è questa una grande soddisfazione al pari degli incontri coi giocatori divenuti adulti: « Non dicono niente, mi vengono incontro e mi abbracciano, spesso non riesco a riconoscerli da tanto che sono cresciuti ma ogni volta è una forte emozione. Ho sempre spinto i ragazzi ad impegnarsi nello sport senza mai trascurare la scuola con la soddisfazione di vedere i miei giocatori di una volta, diventati affermati professionisti nel proprio lavoro.»
Umberto, Ti rendi conto che alla fine stai facendo quello che facevano una volta i curati all’oratorio? Si infatti è anche vero, mi ricordo il mio parroco del Chievo, don Celadon che mi insegnava il calcio da piccolo con passione insegnando anche educazione.»
Usciamo dallo spogliatoio e Umberto viene travolto da un gruppo di ragazzini che lo abbracciano festosi “Biggi! Abbiamo vinto!” Grazie Umberto per quello che hai fatto finora e che potrai ancora fare.

Claudio Ferrari è praticante giornalista e segue le cronache del Calcio giovanile scrivendo per Giovanisport.
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