E il vincolo se ne va: morte annunciata delle società dilettantistiche
di Nicola Manzini
(C’è chi la chiama libertà, c’è chi dice che cambierà poco (le Asd faranno presto a trovare surrogati al vincolo) e c’è come l’autore, NIcola Manzini, dirigente calcistico e aspirante giornalista, che vede scenari neri e preoccupanti per il settore dilettante. Come sempre sarà la passione a fare da motore e carburante insieme per la strada dello sport. ndr )
Ci siamo, dopo tanti annunci sono stati approvati in via definitiva, il 26 febbraio 2021, dal Consiglio dei Ministri i 5 decreti legislativi di riforma dell’ordinamento sportivo, in attuazione degli articoli 5, 6, 7, 8 e 9 della Legge delega 8 agosto 2019, n. 86, in materia di lavoro sportivo, di semplificazioni e sicurezza in materia di sport.
La Legge delega del 2019 prevedeva l’esercizio della stessa entro il 2020, termine che è stato prorogato di un anno a causa dell’emergenza Covid-19.
L’intera materia si è articolata in sei distinti decreti legislativi; solo quello relativo alla governance di Coni e federazioni non è stato attuato e al suo posto, lo scorso mese di gennaio, è stato approvato un Decreto legge ( n. 5/2021), attualmente in discussione al Senato ma certo nel suo accoglimento altrimenti ce ne stavamo fuori dai giochi olimpici.
Gli altri 5 decreti legislativi, che erano stati approvati in via preliminare a novembre ora hanno avuto il via libera definitivo e sono quelli recanti il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché di lavoro sportivo; le misure in materia di rapporti di rappresentanza degli atleti e delle società sportive e di accesso ed esercizio della professione di agente sportivo; il riordino e la riforma delle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi e della normativa in materia di ammodernamento o costruzione di impianti sportivi; la semplificazione di adempimenti relativi agli organismi sportivi ed infine la sicurezza nelle discipline sportive invernali.
Con tali provvedimenti vengono introdotte alcune novità che riguardano in primis la disciplina civilistica degli enti sportivi dilettantistici; la definizione di “lavoratore sportivo” e la disciplina dei rapporti di lavoro e ahime, quel che più è grave e riteniamo contestabile l’abolizione del vincolo sportivo.
Focalizzeremo il nostro discorso su quello che potrà portare la soppressione del vincolo sportivo per tutti gli sport affiliati al Coni.
Entriamo nel dettaglio.
In un unico articolo si sancirà la progressiva cancellazione del “vincolo del cartellino” (entrerebbe in vigore dal 1 luglio 2022) e l’atleta potrà essere sottoposto a vincolo esclusivamente anno per anno mentre per chi è già sotto vincolo lo scioglimento avverrà attraverso una disciplina transitoria.
Il vincolo sportivo ricordiamo è il legame che si instaura tra un atleta dilettante ed una società a fronte del relativo tesseramento. In ambito professionistico, il vincolo fu abolito nel 1981. Tra i dilettanti invece, ancora oggi, il vincolo di tesseramento tra società detentrice del cartellino e calciatore, dura dal compimento dei 16 anni (o anche 14) fino al compimento dei 25 anni. Per essere “libero” di cambiare squadra al 30 giugno di ogni anno, il rimedio è rappresentato dalla sottoscrizione, all’atto di ogni tesseramento, dello “svincolo per accordo” tra il calciatore e la società (il famoso art. 108 noif). In sostanza, sinora, in questo lasso di tempo, se il calciatore avesse intenzione di cambiare società, lo può fare solo con il consenso della società di appartenenza. Varcata la fatidica soglia dei 25 anni, invece, il calciatore può chiedere autonomamente alla Federazione di essere svincolato d’ufficio ogni anno (art. 32 bis noif).
Da qualunque punto di vista la si guardi la decisione di cancellare il vincolo è una svolta totale per il mondo sportivo dilettantistico e non solo calcistico.
Il cambiamento è certamente destabilizzante per chi sopravviveva con le scuole calcio e la prospettiva di vivai di qualità cercando di portare i ragazzi a giocare nelle prime squadre per poterli presentare al mercato calcistico.
Le società ora dovranno entrare nell’ordine di idee di poter perdere i migliori prodotti allevati per anni nel loro vivaio, senza magari poterli lanciare in prima squadra e – aspetto più gravoso – non potendo patrimonializzare una loro cessione.
Il risultato è che d’ora in poi le società non avranno più le risorse che provenivano dalle cessioni e dai premi di preparazione da investire nei settori giovanili.
Si aggiunga che sapranno sin dall’inizio dell’anno che poi a fine stagione i ragazzi saranno liberi di accasarsi ovunque in quanto decadrà automaticamente il loro tesseramento.
Per molti l’idea è di un ulteriore aggravio dei costi anche per le famiglie perché a quel punto non potendo contare sugli introiti assicurati dalla cessione dei propri giovani e contestualmente su minori incassi garantiti dai relativi premi di valorizzazione, i club potranno sopravvivere probabilmente solo grazie alle rette versate a inizio anno dai genitori.
E naturalmente, a fronte di ciò, le tariffe certamente subiranno mediamente dei consistenti ritocchi verso l’alto. Una situazione complicata che tuttavia potrebbe comportare sul medio periodo la totale sparizione dei settori giovanili di tante squadre che svolgono un’indispensabile e imprescindibile funzione sociale sul territorio.
L’unico modo per sopravvivere potrebbe essere per le società dilettantische avvicinarsi ai grandi club professionistici in modo che questi possano aiutarle a gestire i ragazzi con la prospettiva di essere già accasati con un grande club.
avvocato, classe 1966 appassionato di avvocatura, motori e calcio.
Pochezza calcistica sia nel G.S Porta Nuova che nelle sfide padri-figli.
Scrive per lavoro e per diletto, evolvendo con disinvoltura dialettica dai banchi di un tribunale alla tribuna stampa di un campo da calcio.
E’ Autore di varie pubblicazioni e testi giuridici.
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