Interviste
Giovani mister per i giovani sardi
di Michele Cannas
Incontro Matteo Lilliu, ventisei anni, nel giardino del caffè letterario di Villacidro, centro sardo alle pendici del monte Linas, nel sud della Sardegna.
Ha un passato da giocatore, ma per quasi la metà della sua carriera calcistica, Matteo ha fatto l’allenatore. Ha iniziato subito: a diciannove anni ha preso il primo patentino, poi via con i giovanissimi e allievi.
Oggi, dopo qualche anno, allena allievi e juniores del campionato regionale della sua squadra natia, la Villacidrese, e la rappresentativa Oristano-Medio Campidano.
«Non sono mancate le critiche, e tutt’ora non mancano, soprattutto per via della mia giovane età. Non è semplice per qualcuno vedere un ragazzo che allena. Fortunatamente, è sempre andato tutto bene, anzi, sempre meglio».
Dopo alcuni anni di buio, infatti, la Villacidrese più fresca ha iniziato a rifiorire. «Oggi siamo una bellissima piazza a livello giovanile, in Sardegna», conferma Matteo con un pizzico di orgoglio.
E questo non è poco, soprattutto in un territorio in cui il calcio, così come tanti altri sport, fatica ad andare avanti.
Le cause sono tante, e tutte collegate tra loro: un groviglio di problematiche che si influenzano a vicenda e che non risparmiano anche altri settori della vita pubblica.
La mancanza di strutture adeguate è una delle principali. «C’è una grossa carenza di impianti. Basti pensare che nella nostra provincia, quella del Sud Sardegna, è difficile trovare dei campi che non siano in terra battuta», dice Lilliu, che prosegue «Per questo, qui a Villacidro, anche se disponiamo di un campo sintetico e uno naturale, siamo costretti a svolgere solo due allenamenti settimanali per squadra».
In più, l’insularità della Sardegna non è da sottovalutare, e l’esempio più chiaro può essere fatto pensando agli osservatori, che per giungere nell’isola hanno bisogno di un aereo o di una nave, con un investimento di tempo e denaro non indifferente.
La differenza con gli altri campionati italiani è netta: il bacino di disponibilità dei giovani calciatori è decisamente più ristretto, e quindi anche le squadre arrancano nel trovare giocatori. Ma non solo.
«Le squadre credono meno in sé stesse. Sembra quasi che abbiano paura di risultare boriose agli occhi delle altre, e quindi non curano gli aspetti d’immagine pubblica». Una sorta di complesso di inferiorità che non fa bene al calcio sardo, che conta pochissime squadre professionistiche, con epicentro a Cagliari.
«Una mia personale stima: solo due ragazzi su dieci credono veramente di poter raggiungere livelli professionistici. Gli altri sono disillusi, e giocano sì per divertirsi, ma senza quella spinta in più».
Eppure, ai sardi il calcio piace, e lo hanno dimostrato gli spalti pieni durante le ultime partite degli scorsi campionati giovanili.
Manca ancora tanto, ma la voglia dei giovani come Matteo Lilliu potrà sicuramente portare tante soddisfazioni alle società, ai tifosi, ma soprattutto ai giovani che amano questo sport.
«Si pensa sempre a vincere, ma nei settori giovanili è importante far giocare, e basta. I ragazzi devono potersi divertire. E poi chi siamo noi per dire: “No, tu non puoi”?».
Nato nel sud della Sardegna, classe ’99 e studente di Editoria e Giornalismo.
Aspirante giornalista, appassionato di video-making, da sempre condivide i valori dello sport e delle attività giovanili.
Ora ha deciso anche di raccontarle.
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