Intervista a Michele Perina.
di Francesco Galvagni
Collegamento direct con Michele Perina, centrocampista classe 1999 che sta vivendo un’esperienza presso l’Oklahoma Christian University, college degli Stati Uniti d’America dove, attraverso il progetto College Life Italia, ha la possibilità di studiare e giocare a calcio tramite una borsa di studio.
Prima di cominciare con la nostra chiacchierata ripercorriamo però brevemente la carriera del giovane calciatore, seppur breve, comunque già di tutto rispetto.
Dopo una fase pre-agonistica maturata nei vivai di Villafranca e Mantova, nella stagione 2013/2014 per Michele arriva il campionato regionale concluso al quarto posto con i giovanissimi dell’Ambrosiana. La vetrina e le prestazioni di valore valgono la chiamata del Sassuolo, club professionistico che permette al giovane centrocampista di maturare una preziosa esperienza nel campionato nazionale, massimo livello giovanile italiano. Nella stagione seguente (2015/2016) il ritorno in rossonero dove arriva prima la vittoria del titolo provinciale allievi e poi le due annate che coincidono forse con le migliori soddisfazioni (dal punto di vista sportivo). Nel 2016/2017 l’inserimento nella Juniores di Andrea Danese, allenatore in rampa di lancio, che con gli Under 19 rossoneri domina il campionato Elite prima e l’anno successivo (stagione 2017/2018) il girone E del campionato Juniores Nazionali, nel corso del primo storico anno dell’Ambrosiana di Patron Pietropoli in Serie D. Poi per Perina c’è un anno al Povegliano in Promozione (prima esperienza con una prima squadra) e, l’anno dopo, la partenza per gli Usa.
“L’idea è nata più che altro per il fatto che mi intrigava la possibilità di andare a studiare all’estero. Avevo già sentito parlare di College Life Italia perché mio papà conosceva un allenatore coinvolto nel progetto, e poi avevo sentito anche un mio amico che era andato a fare uno showcase ed era intenzionato a partire. Il calcio mi interessava, ma era un’aspetto secondario. Diciamo che è stato il calcio a darmi la possibilità di andare in America, perché senza borsa di studio sarebbe stato impensabile pagare il college. Quindi lo studio è stato il motivo principale per il quale sono partito, il calcio quello secondario, pur essendo la mia passione”.
Quando si intraprende una nuova esperienza il primo impatto con la nuova realtà e con i nuovi compagni può risultare cruciale:
“Sinceramente me lo sarei aspettato molto più difficile. La squadra è formata anche da ragazzi non americani e quindi tutti cercano di aiutarti anche se non parli perfettamente l’inglese. Io avevo un buon punto di partenza ma ovviamente quando arrivi ti senti un po’ spiazzato, ma impari velocemente. Secondo me il fatto di essere all’interno una squadra è stato di grande aiuto. In ogni caso anche con gli altri ragazzi della scuola non ci sono stati problemi”.
Parliamo di calcio adesso, sicuramente tra quello giocato in Italia e quello dei college americani ci sono delle differenze:
“Sicuramente il calcio negli Stati Uniti è molto più fisico, si corre molto ma tecnicamente il livello non è altissimo. Nella prima parte dell’anno ti alleni ogni giorno e giochi due volte alla settimana. Infatti la stagione calcistica in America dura solo da settembre a novembre/dicembre, e così è in tutti gli sport, perché vogliono che un semestre lo dedichi allo sport e uno alla scuola. Metà delle competizioni sportive si svolgono nel primo semestre e l’altra metà nel secondo. Nel secondo semestre abbiamo fatto tanto lavoro in palestra con sveglia alle 5.30 di mattina, per il resto gli allenamenti sul campo non sono tanto diversi da quelli che si fanno in Italia”.
Sappiamo essere gli Usa uno dei paesi che investe maggiormente in infrastrutture sportive a livello giovanile (anche perché le leghe professionistiche sportive pescano proprio dalle università attraverso il sistema Draft), da quello che hai potuto vedere secondo te l’Italia sarebbe in grado di poter reggere un confronto:
“Io vado in un college privato e abbastanza piccolo; le infrastrutture sono contenute, ma in continuo sviluppo. Loro, grazie ai numerosi introiti, continuano a investire negli impianti: ad esempio questa estate costruiranno gli spogliatoi nuovi per il calcio, mentre l’anno scorso hanno ricostruito una palestra per far allenare gli atleti. Comunque con le università americane più grandi non c’è paragone. Ci sono impianti pazzeschi: posso parlarti di Oklahoma University, l’università più importante vicino a me: il loro stadio per il football americano ha una capienza di 80.000 posti che riempiono sempre, Per andare a vedere una partita il mio compagno di stanza ha pagato 50 dollari, basta fare delle veloci ricerche su internet per vedere le spaventose infrastrutture universitarie che ci sono qui.”
Chiudiamo chiedendo quali sono i progetti per il futuro:
“Sinceramente non so bene. Io adesso sto studiando marketing e la prossima estate mi piacerebbe fare uno stage in qualche impresa americana, anche perché qui gli stage sono retribuiti. Intanto penso a finire i quattro anni di college, poi si vedrà. Al momento la mia idea sarebbe quella di lavorare per qualche anno negli Usa e poi tornare in Italia, ma sono ancora ipotesi perché manca ancora molto tempo.”
E allora in bocca al lupo Michele, e grazie per aver condiviso la tua esperienza, grazie anche ai lettori per essere arrivati fino a questo punto.

Da Giovanigol a GiovaniSport per divulgare la cultura dello sport giovanile in ogni disciplina, per sostenere la genuina e corretta partecipazione di giovani atleti, genitori, arbitri, tecnici e Direttivi ed infine per condividere i valori morali delle Asd a beneficio di tutto l’ambiente sportivo.
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