Convegno “Adversus non è nemico”
di Elisa Tisato
Don Gabriele Vreck, il vescovo Domenico Pompili, il delegato CONI Stefano Gnesato
Oggi, sabato 23 novembre 2024, si è svolto il convegno a tema “Adversus non è nemico”, organizzato dalla “Chiesa di Verona” e dal Coni, con la collaborazione di “Sport di più magazine” e l’associazione “CdO” (Compagnia delle Opere) presso la sala di Pastorale di Adolescenti e Giovani in via Bacilieri a San Massimo (VR). Presente tra le tante persone e autorità il sindaco di Verona Damiano Tommasi.
Il sindaco Damiano Tommasi e il delegato CONI Stefano Gnesato
Coordinatori dell’incontro sono stati Stefano Gnesato, delegato C.O.N.I. di Verona, che ha riportato i saluti da parte del presidente regionale del C.O.N.I. e Don Gabriele Vreck (responsabile ufficio sport Diocesi di Verona). Il delegato del C.O.N.I. di Verona Gnesato apre l’incontro ringraziando i presenti, relatori e pubblico, e ricordando quanto emerso a fronte di un indagine conoscitiva di qualche anno fa in cui vennero espresse le aspettative nei confronti dello sport da parte dei giovani atleti e cioè: giocare, divertirsi e vincere. Da qui ci si interrogò su quale fosse il futuro per lo sport così il 21 ottobre 2023 presso la sala congressi del Payanini Center di Via San Marco a Verona, venne organizzato un primo convegno dal titolo “Qual è la vera vittoria?” in cui Il mondo degli adulti si pose delle domande sulle sfide educative dello sport veronese. I ragazzi chiedono di venire notati e visti da noi adulti, di venire considerati e per questo dobbiamo renderci conto di come siamo noi a generare valori e non lo sport di per sé. Al rappresentante del Coni Gnesato, segue il benvenuto di Don Gabriele Vreck, il quale ricorda come ci siano stati parecchi eventi successivi al primo convegno del 2023 e cita Papa Francesco: “lo sport può essere un mezzo per esprimere i propri talenti e costruire la società, insegnando valori cristiani come la fede, la perseveranza e la rinuncia” (“Il documento. Papa Francesco: lo sport è via di santità”, 2018).
Il vescovo Domenico Pompili (vescovo di Verona da luglio 2022) prende spunto dal titolo del convegno facendo notare di come “Adversus” non vada tradotto alla lettera con la parola “nemico”, ma come avversario. Prosegue facendo riflettere come lo sport riesca a suturare la distinzione tra sociale ed individuale, come lo sport non sia solo corpo e fisico ma anche sensibilità all’inclusione. Ricorda come nel 1995 Nelson Mandela utilizzò i mondiali di Rugby (sport prediletto dalla minoranza bianca sudafricana) per far in modo che il Sud Africa potesse ritrovarsi unito proprio attraverso lo sport. Mandela ha utilizzato lo sport per cambiare il mondo. Lo sport parla ai giovani con un linguaggio che loro capiscono. Monsignor Pompili prosegue dicendo:”L’avversario ci rende consapevoli dei nostri limiti, fronteggia contrastando, è occasione per migliorare la mia squadra, l’avversario ci fa crescere attraverso il confronto e quindi non va annientato. L’avversario dev’essere alla mia misura, non di altra taglia, è il limite grazie al quale io stesso posso crescere.” Il Vescovo Pompili conclude con una domanda:”Se l’importante è partecipare perché va rivolto solo a chi ha perso? Non dovrebbe essere rivolta a tutti, perdenti e vincenti?”
Antonello Bolis (Pedagogista, docente di Teoria, Tecnica e Didattica degli sport individuali e di squadra presso l’Università Cattolica di Milano, già Tecnico di squadre del settore giovanile A.C Milan) inizia il suo intervento partendo da una domanda che spesso gli veniva rivolta: ”L’aspetto educativo relazionale sta insieme all’aspetto tecnico e agonistico? “. Come se fosse una contrapposizione difficile da sanare. Secondo la sua esperienza la risposta è “Si”, perché un’azione è educativa se é anche tecnica. Dobbiamo tenere conto del contesto in cui siamo, del momento storico/culturale in cui viviamo, del bisogno educativo di oggi, e chi sono i ragazzi che abbiamo di fronte. Da qui ci si pone davanti a due questioni:
-il ruolo/compito degli adulti
-il valore dello sport.
Come adulti possiamo commettere alcuni grossi errori : cultura “prestativa”, eccesso di protezione, tendenza a sostituirsi, giustificazione vs responsabilità, conflitto vs alleanza, precocizzazione della performance.
4 caratteristiche per sottolineare il valore dello sport: fisico-corporea-motoria, socio-relazionale, psico-dinamica, etico-morale. La dimensione ludica e quella competitiva sono 2 facce della stessa medaglia. Il piacere del gioco è al fine dell’apprendimento. Il gioco è una cosa seria per il bambino perché è il suo lavoro. Il confronto con la realtà è necessario per far nascere una stima di sé corretta. Il limite definisce qualcosa e riconosce che “io non sono onnipotente” ma è fondamentale riconoscerlo come valore, non come difetto. Il limite è un valore ma oggi non è valorizzato e rischia di generare la “cultura dello scarto” perché chi non ce la fa rimane ai margini. Se gestito bene il limite può farci attivare nuove strategie.
Da non sottovalutare la dimensione relazionale, con i compagni (la scoperta dell’altro come compagno e avversario, il valore dell’amicizia, il rispetto delle regole, il senso di appartenenza) e con l’adulto (la relazione allenatore-giovane atleta, l’ autorevolezza vs l’ autoritarismo, la relazione con le altre figure adulte come accompagnatori, dirigenti, massaggiatori ecc, la relazione allenatore-allenatore).
I ragazzi guardano come gli adulti si trattano tra loro, ci guardano.
Lara Tagliabue (project manager di Fondazione Laureus, ex giocatrice di basket), menziona lo Sport come luogo di incontri e in particolare per lei dell’incontro con un allenatore che riuscì a “rompere” anni di schemi direttivi, ponendosi da un punto di vista non solo esecutivo ma anche di responsabilità e di scelte e di come le abbia riportato la passione di giocare affievolitasi nel tempo. L’aveva stimolata a prendere in mano non solo la palla ma la responsabilità di tirare a canestro quando l’avesse ritenuto opportuno, senza farle pesare il risultato. Finì la stagione come miglior tiratrice da 3 punti. Studiò relazioni internazionali e dopo aver conseguito un master nelle Relazioni d’aiuto in contesti di Sviluppo e Cooperazione nazionale e internazionale, andò in Kenia nelle baraccopoli perché desiderava portare lo sport in contesti di estrema povertà. Lara Tagliabue definisce quanto sia stato importante partire da una relazione con i ragazzi, mettersi in ascolto per poter riuscire in seguito a trasferire loro tutto il suo entusiasmo e le sue competenze.
“Il mio ex allenatore mi stava facendo lavorare su competenze emotive, di problem-solving e le ho portate in Kenia…” Giulio Orizio (educatore professionale presso la cooperativa “il mago di Oz”, formatore e coach, allenatore di rugby), dopo essersi dovuto fermare come atleta agonista a causa di un infortunio, iniziò come aiuto allenatore di squadre giovanili di rugby per poi formarsi come educatore, con esperienza anche nell’ambito delle dipendenze. Come formatore e coach, percepisce la difficoltà di continuare a formarsi da parte delle figure di riferimento dei giovani, che siano essi allenatori, educatori, insegnanti o altro. “La cosa peggiore che un adulto possa fare è distruggere o deviare il sogno dei ragazzi.”A conclusione degli interventi della prima mattinata prende la parola il sindaco Damiano Tommasi (Sindaco di Verona da giugno 2022, ex giocatore di calcio ed ex presidente dell’ associazione italiana calciatori): “L’educazione non è un azione ma una relazione. Nulla finisce con la partita. C’è tanto sport nelle nostre vite e se giocassimo di più anche noi adulti potremmo avere una comunità migliore. L’obiettivo è quello di aprire gli spazi e far scendere le persone da casa creando luoghi d’incontro sicuri.”
Dopo una breve suddivisione in 4 gruppi di lavoro, i rappresentanti di società sportive, del coni, delle federazioni, i dirigenti, gli insegnanti e i genitori presenti in sala si sono di nuovo riuniti sottoponendo ai relatori una serie di domande scaturite nel confronto tra i membri dei vari gruppi lavoro.
Come educare alla responsabilità? È importante fare formazione a tutti i livelli? Come creare l’alleanza tra il “triangolo magico” famiglia, scuola, sport? Come gestire l’ansia da prestazione dell’adulto? Come educare all’errore? Come creare ambienti liberi da sperimentare che aiutino la dimensione ludica? Quali ruoli dare ai ragazzi per aumentare la responsabilità? Come può coesistere la cultura della prestazione con il concetto del limite come valore? Strategie per individuare le esigenze dei ragazzi? Cosa tiene vivo lo sguardo nel quotidiano? Come non perdersi? Come essere di aiuto nella gestione della paura della gara e delle emozioni? Come tecnica ed esperienza educativa possono essere tenute insieme?
Pensando alle domande e cercando risposte, il prof. Antonello Bolis individua il tema del ruolo dell’adulto, bisogna ripartire da qui. Dobbiamo rimettere al centro nelle diverse società sportive gli adulti nei diversi ruoli. L’adulto deve essere competente, non deve esserci solo lo specialista. Va ripensata la società e la rete sociale con tutte le figure adulte, bisogna mettere un po’ di ordine, lavorare insieme e creare sinergie. Ragionare sulla mission e stimare la competenza educativa dell’adulto. Una competenza tecnica deve far uscire il meglio dai ragazzi. Dobbiamo dare metodologie che esaltino la collaborazione e non l’ individualità. Allearsi con i genitori informandoli anche sulle modalità di allenamento serve per coalizzare le relazioni.
Lara Tagliabue ritiene importante lavorare ponendo obiettivi alla portata dei ragazzi, anche individualmente e partendo dai loro bisogni individuandoli con l’aiuto di chi li conosce bene. Dobbiamo adattarci ai tempi che cambiano e agli strumenti che abbiamo a disposizione.
Giulio Orizio: “prima guardo, ascolto e con pazienza intervengo. Deve esserci anche la passione e devo avere chiaro il perché faccio le cose.”
Don Gabriele Vreck:” Il grande rischio è perdersi nell’organizzazione. Dalla giornata di oggi io vado via sapendo che l’adulto comincia a rimettere a tema se stesso.”
Il convegno di oggi è stato accompagnato da una mostra con quadri che rappresentano le olimpiadi, due fiaccole olimpiche e due medaglie.

Elisa Tisato racconta principalmente storie di baseball, softball e di ginnastica ritmica. È appassionata di fotografia. Con Giovanisport ha iniziato il percorso formativo per l’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti.
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